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Conoscere Posina

Informazione generali, storiche e turistiche sul comune di Posina ed il suo territorio.

I Comuni del Pasubio

Una comunità fuori dal... comune

Lo spirito di buona volonta sovraregionale dell'Associazione dei Comuni del Pasubio, sorta nel 1998, continua a progettare "azioni coordinate per la salvaguardia del territorio e delle tradizioni storiche e culturali della sua genie", come'è scritto nel bel volume CARTOLINE dai Comuni del Pasubio.
L'area pasubiana fino al 1509 fu sede di una comunità allargata da Trambileno, Terragnolo, Valli del Pasubio, Vallarsa a Posina, dove scambi di lavoro, prodotti e risorse umane resero possibile una proficua solidale collaborazione. I cinque Comuni, due veneti e tre trentini, son tornati a sentirsi partecipi del benessere di una grande gloriosa montagna, di rara bellezza.
Il sindaco di Posina Andrea Cecchellero credo nell'impegno collettivo e nella qualità di un semplice messaggio condiviso:

Desideriamo consolidare e allargare la conoscenza dei nostri beni, molto legati alla tradizione agricola, oltre che ai tesori ambientali e alle memorie storiche. E questo ora avviene tutto l'anno. Per esempio, nel centro documentazione di Fusine, svolgiamo, tra l'altro, corsi per conoscere la sentieristica della Grande Guerra: dalla Strada delle Gallerie agli Scarrubi, passando per Malga Campiglia, dove si può vedere fare il formaggio... non si tire solo di ricordi. Vorremo anche farorire un ritorno alla coltivazione delle nostre specialità, come le fasole i fagioli o le patate, e alcuni giovani volontari si stanno dando da fare. La richiesta delle nostre specialità supera l'offerta, lo vediamo durante la Mostra Mercato di ottobre. Con le attività presso La Casa in Montagna, collegate a quelle del più ampio Ecomuseo (diffuso in altri Comuni dell'Altovicentino), vogliamo dare risposta alla domanda di informazione su cibi, mestieri, vicende e luoghi, organizzando corsi piacevoli per una cultura accessibile a tutti.

Comuni del Pasubio

Ora accanto alle feste tradizionali e i mercati, una nuova serie di iniziative per il tempo libero, sostenute dal Comune, mira a rendere migliore la vita delle comunità, partendo dal richiamo dei prodotti tipici, genuini, che da una generazione all'altra parlano dell'impegno di uomini e donne, in casa e sul campo. Seminari o vacanze a tema mirano alla qualità nel coinvolgere famiglie, escursionisti, appassionati di cultura gastronomica, di alpinismo o storia.
A Posina tradizione signilica anche mantenere e migliorare mestieri utili a tener vive terra e contrade, segnate da secoli di durezze, naturali e belliche. E il giardino, il campo, l'orto, la casa curati, il bosco e i sentieri puliti di oggi sono l'omaggio ai tanti sacrifici di ieri.

(testo tratto dallo Speciale Posina, del mensile Marco Polo dell'Associazione Commercianti, mandamento di Schio, edizione 2007)

 

Una gemma a fondovalle

Posina e Monte-Pasubio, panorama (foto di Didier Beber)Una frazione, 102 contrade, boschi di rovere, faggio, castagno, noce, ciliegio e un piccolo universo di gemme prealpine: tra i fiori e le piante del territario posinate la fauna vive a vola indisturbata. A 552 metri di altitudine, Posina, (dal cimbro Busen-anfratti) è il comune che occupa maggior estensione nel massiccio pasubiano. Da Pian delle Fugazze alla Borcola, su e giù nell'emozione, tra il Sentiero della Pace e quelli del CAI, i tratturi, i piccoli tracciati di mucche e pecore o le vie di roccia, chi arrampica, cammina a pedala trova da sempre in Posina il punto ideale di sosta, traguardo e partenza. E oggi c'e di più.
Il Comune di Posina non riposa sugli allori e si conferma anche meta per giornate speciali a fondovalle. Mentre continua ad essere scelto dai cercatori di bello e buono, sta investendo in impegno culturale, a favore della natura e dell'economia. E' stata riaperta la Chiesa parrocchiale, S. M. Margherita (1764) dopo mesi di restauro conservativo delle opere lignee e risanamento delle stutture murarie. Le facciate delle case in centro sembrano sempre dipinte di fresco e colorano la strada che poi va su alla Borcola, dopo la deviazione verso Passo Xomo, tra contrade, vive e fiorite.
Mentre a Fusine, presso l'ex edificio scolastico, oggi pregevole esempio di liberty di montagna, fervono corsi, si sviluppano idee per un turismo amico dell'ambiente, che guidi ai suoi valori. L'accompagnamento "sonoro" del torrente, che rinfresca l'aria, guida la gioia di chi fa sport o ama la contemplazione, o va per mangiare prelibatezze. E non solo gnocchi di palate! Grazie alla collaborazione dei ristoranti e dei rifugi, i prodotti tipici sono valorizzati tutto l'anno, e con la fantasia dei cuochi la sopressa a i formaggi di Posina esprimana tutta la loro unicità. Gli abitanti, i piccoli imprenditori dalla solida storia, intrisa di tradizione e modernità,
i commercianti portatori di valori familiari e artigianali, chi coltiva e chi studia... tutti favoriscono il turismo a Posina. Tutti son pronti a fare lavoro in più, e spendono tempo e altro per il loro paese, perchè lo amano, e non lo cambierebbero con nessun altro.

(testo tratto dallo Speciale Posina, del mensile Marco Polo dell'Associazione Commercianti, mandamento di Schio, edizione 2007)

Un paese adagiato fra le Prealpi Venete

Nel cuore della storia a due passi dalla città

Il primo cittadino di Posina è la natura.
I ciliegi selvatici mescolano il loro candore al verde tenero dei faggi e cupo dei pecci, il mugo fa da cornice al rapunzolo delle rocce, mentre i botton d'oro, il giglio di san Giovanni e quello martagone albergano nei pascoli alti. Le valli impervie e selvaggie, scavate dall'acqua nei secoli, sono testimoni di uno spettacolo che si perde nel tempo. E nel tempo si perdono le origini di Posina stessa, di cui fino all'undicesimo secolo non abbiamo notizie.

Splendida Val Posina

Posina contrada Bettale e veduta sul Monte Majo (foto: Adelino Fioraso)"Posina, tranquillo paesetto adatto al soggiorno estivo".

Con queste semplici parole, la Guida d'Italia inerente la regione Veneto edita dal Touring Club Italiano (edizione 1969), descrive il nostro amato paese.

E ancora, in una delle prime edizioni (1932), troviamo la seguente frase: "Posina, località di villeggiatura, ricostruita dopo la guerra".

Allora, in quegli anni, non si pensava certamente che di lì a poco, l'umanità sarebbe sprofondata ancora una volta in un nuovo e terribile conflitto mondiale...

A Posina era più che sufficiente il ricordo della prima guerra mondiale, la Grande Guerra del 1915-18. La guerra passò anche attraverso il nostro paese, travolgendo tutto.

Anni veramente duri per la popolazione ivi residente: molti giovani furono chiamati alle armi e la gente stessa del paese fu costretta a scappare e a ripiegare verso le pianure, sotto l'incombente avanzata dell'esercito Austro-Ungarico (Strafexpedition).

La storia fa il suo corso e le persone vivono i loro anni anche sotto la pressione di questi eventi. Il tempo va avanti e le persone, con il passare del tempo, fanno la storia. Il paese vive, si adatta, si trasforma...

Molte cose sono cambiate con il passare degli anni: sono stati persi alcuni valori e certi modi di vivere, ma è arrivato un pò di benessere, tanto desiderato dai nostri avi residenti in valle, i quali conducevano una vita dura e spesso misera.

Al di là di tante cose accadute, giuste o sbagliate che siano, la Val Posina è rimasta sempre splendida.

(testo di Roberto Salerno, fondatore del gruppo 'Posina e la sua Gente')

I secoli XVII e XVIII: pestilenze, invasioni e rivolte contadine

Nel Corso del 1600 e del 1700 eventi traumatici, come il disastro della Guerra di Cambrai, non si verificarono nella valle e nei circostanti altipiani. Si tenga presente però che la zona era territorio di confine con i feudatari imperiali e direttrice di transito per eventuali eserciti provenienti da nord. E’ facile capire che, anche in assenza di guerre guerreggiate, la vita non doveva trascorrervi quieta. A ciò s'aggiunga la natura aspra e ingrata del terreno e le pestilenze che a ondate giungevano a decimare la popolazione.
Il Pasqualigo, sorridendo sulle amenità circa l' aria di montagna che, fine e salubre, preserverebbe dalle malattie, enumera una tragica serie di contagi che, dal 1400 in poi, infuriarono ciclicamente in zona. Il culmine viene toccato con la pestilenza del 1630 che per poco non rese deserta la vallata.
Fu da quel momento che si cominciò a controllare i passi montani pure con finalità d'ordine sanitario e nel 1636 fecero la loro apparizione i primi «rastreli» al confine; da quel momento fu impedito qualsiasi scambio di natura commerciale nei momenti critici. Venezia, sempre in questi anni, per ragioni sanitarie, mette al bando Schio e il suo contado (a cui Posina apparteneva).
Grazie a provvedimenti come questi, ma soprattutto alle maggiori avvertenze igieniche, la peste scomparve alla fine del '700 per lasciare il posto a tifo, colera e vaiolo che saranno le epidemie tipiche dell' 800.
La povertà e le precarie condizioni di vita in valle si desumono pure dai provvedimenti che la Serenissima prende a favore di queste popolazioni e dalle lotte caparbie tra comune e comune per il possesso di qualche pascolo o area boschiva.
Già agli inizi del '600, Venezia, vista la situazione degli abitanti di queste montagne, esentava Posina, Fusine, Laghi e Cavallara dal dazio sul la macina e nel 1772 dalla tassa del «campatico».
Analogo provvedimento nel 1610 per Tonezza che partecipava dei privilegi concessi ai Sette Comuni. Sono provvedimenti che i locali montanari devono difendere con i denti dall'avidità dei Rettori di Vicenza che, con vessazioni e imbrogli, riuscivano talvolta a farsi versare i tributi.
Per quanto concerne le liti sui pascoli, è da supporre che siano insorte molto prima della divisione del territorio tra i comuni. Le superfici foraggere in valle erano ristrette e bisognava quindi che l'allevamento, a cui era legata la sopravvivenza dei montanari, trovasse sfogo sulle aree pascolive degli altipiani circostanti M. Toraro. Più comunità, pressate dal bisogno, furono perciò spinte a contendersele. Le liti tra Arsiero, Tonezza, Laghi, Posina e Folgaria che, in altri contesti e in un altro settore montuoso, sarebbero passate inosservate, tenevano vigile l'attenzione del Senato Veneziano verificandosi in una delicata zona di confine di alto interesse militare. Dietro le pretese territoriali dei turbolenti signori della Val Lagarina non era difficile individuare la «longa manus» dell'Imperatore tedesco.
Non per nulla la Serenissima inviava a sorvegliare i passi e le valli delle Prealpi Vicentine esperti uomini d'arme tra i quali e rimasto celebre il conte Francesco Caldogno, autore nel 1598 della prima, organica descrizione delle nostre montagne.
L'opera di contenimento dei feudatari imperiali, e in particolare del signore di Beseno, fu continuata con efficacia anche dai suoi successori. Ciò non impediva tuttavia che ferimenti, rappresaglie e razzie di bestiame si verificassero con impressionante frequenza nell'Alpe di Melegna, in Valbona, in Val di Campoluzzo, giungendo, nel 1602, Osvaldo Trapp di Beseno a far scorrerie fino a Tonezza.
Era questa la più esposta e la più indifesa tra le contrade del Territorio Vicentino e, a fine '500, il Caldogno non dava una lira per essa.
La Sentenza Roveretana del 1605, che doveva stabilire confini certi una volta per tutte, segnò solo una breve tregua in questa secolare lotta tra i montanari che era, in realtà, uno scontro fra stati.
Il controllo dei passi prealpini per fini militari conobbe altre perlustrazioni sistematiche e febbrili nella prima metà del '600, in occasione della guerra sostenuta dai Veneziani contro Spagnoli e Imperiali per la successione nel Ducato di Mantova.
Sulle orme del Caldogno, i1 Provveditore ai confini Marco Antonio de Canal ispezionò, in quindici giorni, tutte le Prealpi Vicentine e, in base ai piani redatti antecedentemente dal coadiutore Marcantonio Pogliani, fortifica Arsiero e Velo.
In quel frangente comunque le armate di Ferdinando II passeranno per la Valtellina, ma la tensione ai confini durò a lungo.
Saranno questi gli ultimi ruggiti del leone di S. Marco sulle Prealpi: in seguito non avrà più la forza di impedire le invasioni e i transiti degli eserciti imperiali da nord.
Agli inizi del '700 infatti, l'ormai stanca repubblica, debilitata dalla decadenza del patriziato e dalla lunga lotta col Turco, aveva scarso peso sulla scena europea; non veniva neanche più ammessa alle conferenze internazionali ed a malapena riusciva ad ottenere qualche indennità per il passaggio di eserciti stranieri sul suo suolo.
Fu cosi che nel 1701, in occasione della Guerra di Successione Spagnola, la Val Posina dovette sopportare la calamità di una nuova invasione imperiale. L'esercito dell'imperatore Leopoldo, che doveva congiungersi a Torino con quello sabaudo, scende per la Val Lagarina al comando di Eugenio di Savoia. Un forte contingente superò pure la Borcola e, al comando del conte Palfy, si accampò a Contrà Bezze e Battiston. Nonostante le assicurazioni austriache, gravi furono i danni sofferti dalla popolazione, anche perché il passaggio avvenne a più riprese.
Nei 1717, anzichè versare i promessi risarcimenti, gli Austriaci, andandosene, lasciano in valle la peste.
Furono perciò chiusi i passi e restaurati i fortilizi di Griso, Doppio e Lambre, costruiti nel 1509 a custodia del Passo della Borcola.
A sollevare la popolazione interverrà ancora Venezia riducendo ulteriormente le tasse.
I secoli in esame furono funestati, in Val Posina, Val di Laghi e circostanti montagne, anche dal banditismo che affondava le sue radici nella miseria e nella fame endemica oltre che nella favorevole ubicazione della zona, a ridosso del confine imperiale.
II Pasqualigo, mentre si compiace, a fine '800, delle qualità morali dei valligiani e dell'assenza pressoché totale di fatti di sangue, ricorda i tempi bui in cui non passava settimana che le cronache non registrassero morti per rissa, per una stilettata o per un'archibugiata...
II rev. Lappo Francesco, nel compilare le sue Memorie di Posina, riporta lunghi elenchi di banditi tristemente attivi in valle tra il 1600 e 1700. Godette di particolare notorietà «Posena il Bravo» il cui campo d'azione arrivava fino alle terre di Recoaro, Altissimo e Castelvecchio. Catturato a Campogrosso, fu pubblicamente impiccato per le «canne della gola» a Vicenza, nel 1796.
A fine '700 il banditismo, nelle nostre montagne, assume proporzioni macroscopiche, quasi a sottolineare la situazione di degrado socio-economico e politico in cui la decrepita repubblica era caduta. Ormai inerte e incapace di reagire, sarà travolta dalla bufera napoleonica e diventerà «merce di scambio» nel gioco delle potenze europee.
Fu così che, nel 1797, i Posenati dovranno rendere omaggio ai sopraggiunti francesi ed abbattere con rammarico il vecchio leone di S. Marco; nel 1798, col trattato di Campoformio, diventeranno austriaci; nel 1805 di nuovo francesi e nel 1813 stabilmente austriaci e inseriti nel Regno Lombardo-Veneto. Tutti questi cambiamenti di regime non coinvolsero granchè la vallata e gli altipiani soprastanti, anche se gli scontri tra austriaci e francesi, in Val Lagarina e Val Sugana, si avvertivano paurosamente vicini. Gli abitanti delle contrade prealpine s'accorgevano della guerra soprattutto per il torchio impietoso delle tasse. Furono infatti motivazioni d'ordine economico che provocarono, nel luglio 1809, la furiosa rivolta contadina contro i francesi. All' imposizione della coscrizione obbligatoria e della tassa sul macinato, quando le nostre genti avevano la polenta come cibo base, da Posina, Fusine, Laghi e vallate vicine, i montanari calano su Schio e Thiene al suono delle campane. I più inalberano il vessillo di S. Marco; saccheggiano le case dei filo-francesi; vogliono il ripristino della situazione del 1796. Puntano su Vicenza unitamente ai contadini delle campagne, ma vengono dispersi. I borghesi bempensanti li chiamarono «briganti» e come tali furono ferocemente condannati da tribunali speciali subito allestiti. Ma furono le vessazioni, le vergognose tassazioni e la fame a far muovere gente di per sé pacifica e abituata a subire. Senza capi e senza organizzazione, la loro rivolta si risolse in una fiammata inconsistente.

(testo tratto dalla Guida Escursionistica delle Valli di Posina, di Laghi e dell'altopiano di Tonezza, autore prof. Liverio Carollo, sezione del CAI di Thiene e Sottosezione di Arsiero)

La Resistenza e il dopoguerra - statistiche abitanti

La Seconda Guerra Mondiale coinvolge la vallata e l'Altopiano di Tonezza indirettamente, col prelievo di giovani da spedire nei vari fronti, e direttamente durante la lotta di Resistenza che fu, in questo settore, decisamente accanita. Il contenzioso infatti e quello di sempre: occupa¬le vie di collegamento col Nord.
I tedeschi, dopo l'8 settembre e I'invasione dell'Italia, per i loro rifornimenti di mezzi e di uomini, avevano l'assoluta necessità di mantenere sicure la Val d'Astico, la Val Leogra e le zone intermedie.
L’efficiente rete stradale della Grande Guerra snelliva i transiti. I partigiani ne erano ben consci.
Zona di alto interesse strategico, dunque. Non per nulla Kesserling aveva posto a Recoaro il suo quartier generale. Inoltre Tonezza, Valdagno, Montecchio Maggiore ed ancora Recoaro risultavano sedi di ministeri e di organismi militari repubblichini.
Agivano in Val Posina e monti circostanti i garibaldini del Gruppo Divisioni «Garemi». Guerra per bande la loro. Colpi di mano, attacchi improvvisi e violenti; quindi la dispersione. Era una tattica che si fon¬dava sul movimento.
Di tal natura sono gli scontri che a metà luglio del '44 si verificarono sulla vetta del Pasubio e, a fine luglio, a Tonezza, dove i partigiani assaltano la scuola allievi ufficiali della Guardia Nazionale Repubblicana. L'offensiva partigiana, da metà luglio a circa metà agosto del '44, dà vita in Val Posina ad una vera e propria zona liberata, un’isola dove si cominciò ad abbozzare un’amministrazione democratica.
Ma la valle non aveva (come le più celebri «repubbliche partigiane») un retroterra svizzero o comunque un’area di disimpegno, bensì il Trentino e le vitali arterie per la Germania. La Val Posina diventava perciò per i tedeschi un mortale focolaio di resistenza.
Bisognava intervenire.
Ecco quindi il terribile rastrellamento del 10-14 agosto 1944.
I partigiani si ritirano dalle contrade, anche per non dare ai nazifascisti pretesti per ritorsioni, ma i paesi bruciano ugualmente. In Val di Campoluzzo, una pattuglia del battaglione «Pasubio» viene catturata dopo un furioso combattimento con i tedeschi. I componenti sono tutti fucilati. Passeranno alla storia come «gli eroi di Malga Zonta».
In paese molti valligiani vengono presi, spinti a parlare, minacciati di morte, ma tutti tacciono. Ci saranno state incomprensioni, momenti di tensione fra popolazione e partigiani (i prelievi di animali o di derrate alimentari erano dolorosi per entrambe le parti), ma è altrettanto vero che senza l’appoggio concreto degli abitanti non si poteva condurre una guerra partigiana su questi monti.

Nel dopoguerra continua ormai irreversibile il degrado socio-economico della vallata che non scopre, come l’Altopiano di Tonezza, la barriera frenante di un’emergente vocazione turistica.
I giovani non hanno più come obiettivo le Americhe, ma piuttosto i paesi della CEE e, in un secondo tempo, l’alta Pianura Vicentina con quella sua naturale propaggine che, economicamente parlando, è la media Val d’Astico dove comincia ad irrobustirsi la piccola industria.
Accanto a motivazioni economiche, stimolano ora ad emigrare anche risvolti psicologici: il senso di emarginazione e di inferiorità, l’esigenza di inserirsi in un circuito culturale più vivace, dinamico. Restano in valle i vecchi: le contrade languono.
Molti, dopo 10-15 anni ritornano, ma non più in contrada; fabbricano invece a Schio, a Thiene, a Marano, a Velo d’Astico, centri industrialmente in espansione e lì si stabiliscono.
Stranamente il pendolarismo che potrebbe avere tenuto in vita le contrade s’è sempre manifestato in modo inconsistente. Lo sbarramento della valle verso Arsiero non è solo fisico, ma evidentemente anche psicologico: bisogna superare definitivamente gli Stancari per riuscire a mutar vita.
Che fare per rivitalizzare questa vallata, per darle un ruolo di cui è tuttora alla ricerca? Passo preliminare è quello di bloccare l’esodo, ricostruendo un minimo di tessuto economico che derivi dall’integrazione di più attività produttive. Perno di questa operazione dovrebbe essere la combinazione tra agricoltura e un turismo che punti alla valorizzazione ambientale e sul recupero delle tradizioni locali.
Essenziale è realizzare un sistema di servizi sociali decenti ed intervenire finanziariamente per dare gambe a questi progetti. Tutto ciò è nelle previsioni della Comunità Montana «Alto Astico e Posina» ed è in sintonia con quanto la Regione Veneto, in una prospettiva di più vasto respiro, prevede in futuro per le nostre montagne.

(testo tratto dalla Guida Escursionistica delle Valli di Posina, di Laghi e dell'altopiano di Tonezza, autore prof. Liverio Carollo, sezione del CAI di Thiene e Sottosezione di Arsiero)


Statistiche

Allegato: pdfRelazione statistiche (Piano di Assetto Territoriale Intercomunale - agosto 2012)6.88 MB

La Grande Guerra e le sue conseguenze

Per quanto concerne la Grande Guerra, non si starà qui a ripetere fatti d'arme già con competenza studiati in specifiche opere a cui si rimanda.
In breve basterà dire che la Valle del Posina e l'Altopiano di Tonezza furono direttamente coinvolti nella guerra in occasione della Spedizione Punitiva.
A quanto riferisce il rev. G. Mutterle nei suoi Cenni storici della Parrocchia di Laghi, le contrade devono essere state colte di sorpresa dall’invasione nemica perchè, quando il 17 maggio 1916 cade il M. Maggio gli abitanti di Laghi erano ancora tutti in loco e solo il 18 si metteranno in movimento col bestiame verso Arsiero e la pianura. Montegalda e Longare sono le località che ospiteranno i nostri valligiani.
Intanto gli Austriaci dal Col Santo (in Pasubio), dal Coston dei Laghi, dal Toraro, dal Passo della Vena stringono in una morsa Tonezza e la Val Posina che vengono occupate tra il 21 e it 25 maggio 1916. Il 27 entrano in Arsiero. Loro obiettivi sono il Colletto di Posina, il M. Novegno e Colletto di Velo al fine di traboccare a Schio. L'offensiva non ebbe successo per un soffio. Dopo i tentativi inutili di sfondare sui sopracitati Colletti, la lotta divampò sul M. Novegno di cui gli Austriaci avevano occupato la vetta del Priaforà (metà giugno del '16). Non passarono, e di conseguenza si ritirarono sgombrando la Val Posina. Arretreranno comunque su una linea difesa dalla natura in modo formidabile. Non lasceranno mai il Passo della Borcola; non abbandoneranno lo sperone di M. Maio, né quelli di M. Seluggio e M. Tormeno e infine contenderanno ai nostri fino allo stremo, e con successo, il M. Cimone. Queste eminenze erano infatti veri balconi dai quali controllare la Val d'Astico e la Val Posina e trampolini di lancio per un nuovo, eventuale tentativo di sfondamento. Gli Austriaci li evacueranno solo nel novembre del '18.
Tornarono i profughi tra il 1919 e il 1920. Trovarono le case spoglie, danneggiate e in gran parte distrutte. Con enorme pazienza e rassegnazione si prende a ricostruire, ma gli aiuti promessi dallo Stato per il risarcimento dei danni sono inadeguati o non ci sono per niente. Arduo quindi coprire le spese.
Dissesti idrogeologici ovunque; i campi sono sconvolti e ingombri di materiale bellico; le stalle vuote, essendo scampato dalla bufera sì e no un terzo degli animali con l'impossibilita di recuperarli subito essendone salito il prezzo a livelli proibitivi. Riprende l'emorragia dell'emigrazione.
La situazione non cambia in epoca fascista e la fuga dalle contrade mantiene livelli elevati. La zona non si riprende più dopo il flagello della guerra. Se non si scappa è la fame.
Sono distrutte le piccole attività artigianali; il reddito derivante dall' attività agricola e insufficiente; la proprietà è frazionatissima, le fatiche e i disagi sono insostenibili. E l'economia «dei minimi»: minimo il capitale, minimo il reddito, minimo il tenore di vita; grandi soltanto il sacrificio, la fatica, l'attaccamento alla montagna.
E scappano soprattutto i giovani. Posina e Laghi, in provincia, sono i comuni che nel '31 avevano perso più popolazione. Erano abbondantemente al di sotto dei livelli del 1881. Arsiero invece resiste: un fragile tessuto industriale fa da argine, se non altro perché suscita speranze.

(testo tratto dalla Guida Escursionistica delle Valli di Posina, di Laghi e dell'altopiano di Tonezza, autore prof. Liverio Carollo, sezione del CAI di Thiene e Sottosezione di Arsiero)


Allegato: pdfrelazione Grande Guerra (PATI, Gennaio 2013)8.94 MB

Il sec. XIX e l'annessione all'Italia

Le guerre risorgimentali non provocarono particolari sussulti, anche se era presente in valle un certo fermento antiaustriaco testimoniato dalla partecipazione di alcuni giovani al moti del 1848 e dalla solleva¬zione, nel medesimo anno, del paese, pronto a difendere il Passo della Borcola alla minaccia di un transito di truppe austriache.
Il passaggio, nel 1866, sotto il Regno d'Italia non registra in valle né vendette né fatti di sangue, a parte uno scontro, che si protrasse per diversi anni, tra clericali e liberali locali.
Ad esacerbare gli animi in maniera motto più profonda fu invece la tassa sul macinato che andava ad estorcere denaro ad una popolazione già al limite della sopravvivenza.
Dura e grama era la vita nella seconda metà dell'800, anche dopo che l'odioso prelievo venne abolito. Il Pasqualigo delinea il contesto socioeconomico dell'epoca a tratti chiari e illuminanti. Parla del duro lavoro, del reddito irrisorio, del clima rigido, della mortalità infantile, della scarsa nutrizione, delle spaventose carenze igieniche emblematicamente riassunte nell'insalubre e generalizzata vita di stalla. Viene definito «straordinario» il consumo di alcool.
Le case, in valle, erano «stamberghe e abituri» i cui muri si alzavano come ammassi di pietre « che stan su come Dio vuole»; il tetto è «di vecchia paglia o di strame affumicato e pesante»»; all'interno, fuliggine dappertutto che «a guisa di pece» sta appiccicata ovunque, non esistendo il camino per timore degli incendi.
Con queste premesse, difficile parlare di istruzione. Anche dopo l'avvento al governo della Sinistra Storica (1876) la situazione, a riguardo, cambiò poco. Le strutture scolastiche erano carenti ed antiigieniche, i maestri mal pagati, vasta I'evasione per la lontananza delle contrade e per le necessità casalinghe. Da Fuccenecco, Doppio, Griso, Lambre, per esempio, nessuno veniva a scuola: ne sarebbe occorsa una a Ganna.
In aggiunta a questa triste situazione sociale, non è da trascurare il fatto che, con l'annessione all'Italia, i paesi di Posina, Laghi e Tonezza tornarono ad essere a ridosso del confine e destinati a registrare per primi gli effetti delle tensioni tra i due stati.
Quanti ostacoli, divieti, formalità burocratiche, ora, per monticare le bestie in Melegna o Zonta!
Non e difficile, di conseguenza, spiegare le origini di un flusso migratorio che inizia in questa seconda metà dell'800 e che, pur mutando entità, condizioni e destinazione, non si è arrestato neppur oggi.
Dal 1871 al 1901 si partiva soprattutto per le Americhe che assorbono il 50% dell'emigrazione locale; il luogo d'arrivo era approssimativo, non c'erano garanzie; i nostri montanari erano niente più che «merce».
Pochi avrebbero affrontato cosi la sorte, se a casa la situazione socioeconomica non fosse stata drammatica.

(testo tratto dalla Guida Escursionistica delle Valli di Posina, di Laghi e dell'altopiano di Tonezza, autore prof. Liverio Carollo, sezione del CAI di Thiene e Sottosezione di Arsiero)

Lo svincolo dai Velo e la nascita dei primi Comuni in valle

E tra i padroni lontani e incontrollabili (la Serenissima e Vicenza erano entità astratte se non fosse stato per le tasse) e quelli concretamente vicini, come i Velo, scelgono di combattere quest'ultimi.
II processo di affrancamento feudale non è limitato alla sola Val Posina e neppure è riferibile ad un periodo specifico, essendosi prolungato per secoli. Le varie comunità poi godevano di una diversificata autonomia. Ci sono però alcuni momenti significativi di questo scontro antifeudale in valle che meritano opportuna rilevanza.
La prima comunità che riesce in modo abbastanza netto a sottrarsi dal controllo dei Velo, fu Posina. II documento relativo all'avvenimento e del 1462 ed e riportato da diversi storici che, più o meno direttamente, si sono interessati della valle.
Davanti alla chiesa di Posina s'incontrano in quell'anno i nobili Velo e i Procuratori della comunità. I primi concedono ai valligiani di eleggersi le cariche comunali (Consiglio di credenza, Sindaco, Merighi, Saltari...) fornendoli di un «patrimonio» consistente in boschi e pascoli, fissato entro limiti precisi. I Velo si riservavano alcuni pascoli sui Monti Toraro, Pasubio e Novegno e pretendevano il mantenimento delle tradizionali onoranze, in particolare del pranzo a spese della comunità nella festa di S. Margherita, che risultava essere il gravame più pesante.
Nasce così, praticamente, il Comune di Posina.
Per ottenere simili privilegi le comunità di Fusine, Laghi e Cavallara devono attendere il 1587. Già antecedentemente avevano tentato di affrancarsi. Continue istanze venivano inviate al doge di Venezia da detti valligiani. In esse si denunciavano la scomodità di recarsi a Velo, le piene dei fiumi, i sentieri impraticabili, il fatto che a Velo tutto veniva deciso sopra le loro teste con conseguenti liti talora cruente. Le loro richieste vengono comunque soddisfatte solo in quell'anno.
Furono fissati i nuovi confini e si cercò di distribuire equamente le «gravezze».
II Comune di Cavallara e Laghi, come ente a sé, staccato da Fusine, sorse invece più tardi: bisogna giungere al 1689. In quell'anno infatti dette comunità inoltrano al doge istanza di essere separate da Fusine. Descrivono la scomodità di raggiungere quel centro, parlano della rottura dei torrenti e dei ghiacci invernali e concludono dicendo che, non potendo intervenire alle adunanze, devono sottostare sempre al le decisioni altrui, situazione insopportabile, fomite di liti e ferimenti.
II doge comunica prontamente al Podesta di Vicenza che e concesso a Laghi e a Cavallara di separarsi da Fusine «nel temporale come per il passato... nello spirituale».
La sentenza del doge non fu accolta senza contrasti e risentimenti. I Fusinieri si sentirono defraudati e traditi, sia per i cespiti dei pascoli che ora venivano a mancare, sia per le spese che avevano sostenuto nella costruzione di un collegamento diretto con Laghi sul fianco del M. Gamonda. Le liti per la divisione dei pascoli e delle tasse dureranno tre anni. Fusine resterà comune a sé fino ai primi dell'800 e poi verrà unito a Posina.

(testo tratto dalla Guida Escursionistica delle Valli di Posina, di Laghi e dell'altopiano di Tonezza, autore prof. Liverio Carollo, sezione del CAI di Thiene e Sottosezione di Arsiero)

L'avvento di Venezia e la Guerra di Cambrai

Come già detto, le vallate in questione non dovevano godere di prosperità durante gli anni della dominazione scaligera e viscontea. Le cose non mutarono di molto nemmeno con l'avvento della Serenissima se, nel 1417, il doge esonerava temporaneamente i Posenati dal pagamento delle tasse, viste le loro condizioni di vita: « ... gran parte d' homeni dorme suso la palia, gran parte vive de erbe senza pan, et queli che stano meglio vive de pan de sorgo».
E vero che in pianura agricoltura e industria prendono slancio e conosceranno un periodo di floridezza che si proietterà fino alla fine del '500', però in queste plaghe prealpine gli influssi della ripresa dovettero essere limitati. Sia perché, a differenza del piano, non erano appetibili sotto il profilo dell' investimento economico, sia per le guerre e le continue turbolenze manifestantisi da sempre in queste terre di confine e che ora riprendono vigore. Tra il 1400 e it 1440 Venezia trabocca aldilà della Borcola e del Passo Pian delle Fugazze impadronendosi di Rovereto e della Val Lagarina, arteria di estremo interesse per i suoi traffici. Sugli altipiani cadeva Folgaria.
Nel 1439, durante la guerra Veneto-Viscontea, il condottiero Gattamelata, al servizio dei Veneziani, scende per la Val Lagarina al fine di sbarrare it passo verso la pianura veneta al Piccinino, capitano di ventura visconteo. In questo frangente i Posenati, a differenza di altri alpigiani, favoriscono i Veneziani.
Nel 1487 s'accende in Val Lagarina la Guerra Roveretana condotta dal conte del Tirolo e dal vescovo di Trento per riprendere Rovereto: obiettivo mancato di poco, dopo la sconfitta veneziana a Calliano. S'aggiungano poi le interminabili e feroci liti confinarie per i pascoli che i feudatari imperiali scatenavano sul settore dei Tre Altipiani.
Sono tutti eventi che non coinvolgono direttamente le Valli di Posina e di Laghi, ma che causano passaggi di truppe gravanti sulle popolazioni, che sconvolgono la vita degli alpigiani, che frantumano il precario equilibrio economico preannunciando la bufera della Guerra di Cambrai.
Già da tempo si preannunciava tempesta da nord.
Da sempre l'imperatore tedesco reclamava diritti su Vicenza e territorio come suo antico feudo; concretamente poi non mancava mai di sostenere i suoi feudatari negli interminabili dissidi di confine relativi ai pascoli della montagna vicentina.
Per questo, nel 1499 (un secolo prima del Caldogno), Venezia inviò sui nostri monti il conte di Pitigliano ad ispezionare e fortificare i passi.
Nel 1508, Massimiliano d'Asburgo colse l'occasione fornitagli dalla Lega di Cambrai (che vedeva le maggiori potenze europee collegate contro Venezia) per spingersi nella Pianura Veneta.
Dopo la disfatta veneziana di Agnadello (1509), inviò in avanscoperta il fuoriuscito vicentino Leonardo Trissino che, col suo stuolo di armati, scese per la Val Lagarina ed occupò, grazie alla scelta filoimperiale della nobilta veneta, Vicenza e Padova.
Anche in Val Posina si attendeva l'arrivo dei Tedeschi. Furono fortificati Arsiero e Forni; furono elevati i fortilizi di Griso e di Doppio, sotto la direzione di Missier Antonio da Thiene.
I Veneziani pere non possono resistere al Passo della Borcola ed abbandonano la vallata anche se le truppe di Massimiliano scendono per la Val Lagarina e solo un contingente minore per la Val Posina. All'arrivo dei Tedeschi, i Posenati abbattono il leone di S. Marco e si dichiarano sudditi dell'Imperatore, evidentemente per risparmiare devastazioni alle contrade. Arsiero comunque viene messa ugualmente al sacco. Era l'anno 1510.
La guerra in pianura, tra le città venete, dura una decina d'anni senza fatti decisivi. Fulcro della resistenza veneziana era la città di Treviso, ma soprattutto le campagne. Massimiliano e ormai allo stremo. La peste falcidia le sue truppe come la gente della Terraferma. I Veneziani, partendo da Thiene, rioccupano e riducono all'obbedienza Cogollo e la Val Posina. Ma, di fronte ai Tedeschi in ritirata, non riescono a preservare Arsiero, Castana, Fusine e Posina dalla distruzione (1516).
Alla stipulazione della pace, la Val Lagarina, con Rovereto e Riva, passa all' Imperatore e il confine veneziano retrocede alla Borcola. Ritorna la calma tra le contrade devastate. Le conseguenze disastrose di questa guerra si faranno sentire per molti anni e non poco attraverso l'inasprimento fiscale decretato dalla Serenissima. Riprende la vita tra i montanari della vallata che apparentemente sono liberi, ma «assoluti schiavi, in sostanza, a mille signori».

(testo tratto dalla Guida Escursionistica delle Valli di Posina, di Laghi e dell'altopiano di Tonezza, autore prof. Liverio Carollo, sezione del CAI di Thiene e Sottosezione di Arsiero)

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